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Il riformismo costituzionale nel pensiero e nell’azione di Valerio Onida
A cura di Marco Ladu
Nel contesto del dibattito odierno sulla c.d. ‘riforma della giustizia’ o ‘riforma Nordio’ – che prevede quali pilastri la realizzazione della separazione delle carriere e l’istituzione di un’alta corte disciplinare per la magistratura ordinaria (facendo ricorso, per la selezione dei suoi componenti, anche al metodo del sorteggio) – ci sembra utile riproporre un intervento di Valerio Onida. Si tratta della relazione dal titolo “Riformare il giudice disciplinare dei magistrati?” tenuta a Roma, presso la Sala Conferenze del Consiglio Superiore della Magistratura, in data 12 dicembre 2011. Il testo della relazione è poi confluito nella raccolta dei Quaderni del Consiglio Superiore della Magistratura (fascicolo n. 158 del 2012).
Nel corso della propria relazione, il Professor Onida riflette attorno all’idea che si possa sì
riformare, per via costituzionale, il modello del giudizio disciplinare adottato per la magistratura ordinaria, ma – pur considerando opportuna l’istituzione di una corte disciplinare a composizione mista (allontanandosi così da un modello eccessivamente corporativo e insistendo sulla necessità di tutelare, a garanzia dei cittadini, un preminente interesse generale) – egli ritiene imprescindibile il mantenimento dell’unità della giurisdizione.
Qui le parole utilizzare da Valerio Onida, riscontrabili nella lettura integrale del testo che si ripubblica in questa pagina: «Se accettiamo la visione della responsabilità disciplinare come strumento di garanzia di interessi generali, questo dovrebbe valere per tutti i magistrati e non soltanto per i magistrati ordinari. Quindi, unica disciplina e unica giurisdizione. Ovviamente, questo richiede una riforma costituzionale. A me pare che l’idea di una corte disciplinare unica, a composizione mista, vada nella direzione giusta, della realizzazione più netta del valore dell’unità della giurisdizione, che la Costituzione del 1948 ha affermato ma poi ha contemporaneamente contraddetto. Il tema ci porterebbe lontano, così come ci porterebbe lontano l’esame di altri singoli aspetti, ad esempio del problema delle impugnazioni delle pronunce disciplinari. Se vi fosse un unico giudice, perché mai le sue pronunce dovrebbero essere impugnabili da una parte davanti alla Corte di Cassazione, dall’altra davanti al Consiglio di Stato?» (V. ONIDA, Riformare il giudice disciplinare dei magistrati?, in Quaderni del Consiglio Superiore della Magistratura, n. 158/2012, p. 67).