La pagina dedicata ai diritti delle persone in carcere e, in particolare, all’attività dello Sportello giuridico del carcere di Bollate.
a cura di Claudia Pecorella

Un nuovo sportello per le persone detenute non italiane nella casa di reclusione di Bollate

Giugno 3, 2025

Di Melissa Miedico

A partire da ottobre del 2024 è operativo nel carcere di Bollate anche uno sportello dedicato esclusivamente alle persone non italiane, che affianca, per le questioni legate al diritto dell’immigrazione, lo sportello giuridico da tempo presente in quell’istituto. Le persone di origine non italiana, la cui presenza è assai consistente nelle carceri del nostro Paese (31% – Dati Istat), manifestano una evidente maggiore vulnerabilità: molto spesso non comprendono la lingua italiana, non conoscono le regole (penali, processuali e penitenziarie) del nostro Paese e non condividono, talora, nemmeno lo stesso background culturale. Risulta così per costoro enormemente difficile accedere ai loro più elementari diritti in libertà e ancor più in carcere.

Anche per il personale e tutti gli operatori appare, dunque, più complessa la relazione con il detenuto: oltre alle difficoltà linguistiche e culturali che rendono talora impossibile qualsiasi dialogo e qualsiasi partecipazione alle attività proposte (in assenza o carenza di mediatori), le persone di origine non italiana richiedono la soluzione di questioni preliminari all’accesso alle più comuni forme di trattamento (permessi, lavoro esterno, affidamento in prova anche per tossicodipendenza): tali persone, infatti, assai spesso, iniziano il proprio percorso detentivo senza alcun documento valido oppure in scadenza durante l’esecuzione della pena.

Per tutti questi motivi e con il fine ultimo di supportare le persone detenute di origine straniera anche rispetto alla loro situazione di regolarità sul territorio, abbiamo avviato un ulteriore sportello dedicato alle persone di origine non italiana. Lo sportello si svolge ormai da diversi mesi, con frequenza settimanale, presso il carcere di Bollate, con il prezioso supporto di professionisti esperti di diritto dell’immigrazione.

Con la presenza di questi ulteriori specialisti, dei docenti e degli studenti e dottorandi, ci siamo concentrati su alcune delle questioni più importanti.

Abbiamo, per esempio, cercato di aiutare le persone detenute a recuperare i propri documenti personali presso le autorità consolari del loro Paese di origine. Questa esigenza infatti risulta primaria per poter accedere alla formalizzazione della residenza in istituto e, di conseguenza, a tutti gli altri diritti che da questa discendono (assistenza sanitaria, percorsi trattamentali per persone con dipendenza ecc.). Gli studenti e i docenti, dunque, in collaborazione con educatori e agenti di rete, hanno talora assunto il compito – tramite delega – di recarsi presso i Consolati per depositare le richieste a farsi rilasciare quanto meno il cd. identificativo consolare.

È apparsa fin da subito talora molto scarsa la collaborazione di alcuni Consolati restii a recarsi direttamente in carcere per raccogliere le istanze dei loro concittadini: eccetto alcune (rare) virtuose eccezioni, nel complesso, il dialogo con le autorità consolari è davvero difficile, le procedure incomprensibili o del tutto inaccessibili per le persone ristrette.

A questo si aggiunga che le persone non italiane hanno talora ancora uno scarso radicamento sul territorio in assenza di una abitazione regolare, accedendo spesso a soluzioni ‘informali’, inutili ai fini dell’esecuzione penale: è una questione assai complessa, ulteriormente complicata dalla nota emergenza abitativa nel Comune di Milano ove i prezzi delle case sono divenuti irraggiungibili per le persone più vulnerabili. Utilissimo in questo senso è il contatto con alcune associazioni che offrono temporanei percorsi di reinserimento sociale, che compendiano anche l’assegnazione di posti letto o abitazioni verso l’autonomia.

Si riscontra anche, con una certa frequenza, che le persone detenute di origine non italiana non hanno valide relazioni familiari o amicali sul territorio, che possano supportare il percorso trattamentale interno ed esterno. Fin dai primi giorni di presenza in carcere è, fra l’altro, per queste persone, assai difficile ottemperare agli obblighi formali necessari per poter telefonare ai propri familiari: è talora impossibile, infatti, il reperimento del contratto telefonico e dei documenti che attestino i rapporti familiari, quando le famiglie di origine sono interamente all’estero. Si tratta di una questione, questa, che richiederebbe l’individuazione di una soluzione comune a livello nazionale, trattandosi infatti, nella sostanza di una grave violazione di un diritto ma, soprattutto, di una situazione che rende insopportabili ed anche pericolosi i primi mesi di detenzione delle persone non italiane, implicando un isolamento e un senso di smarrimento che potrebbero essere forse superati con la concessione di telefonate registrate e, dunque, sottoposte a validi controlli.

Particolarmente complicato è poi il tema dell’acquisizione di un permesso di soggiorno o il suo rinnovo per le persone detenute: la cui disciplina, cambiata nel tempo, richiede l’adempimento di procedure quasi del tutto inaccessibili negli istituti di pena.

Dalla nostra esperienza, emerge l’impossibilità di realizzare anche il semplice rinnovo di un permesso di soggiorno per motivi di lavoro o famiglia: la necessità dell’invio di moduli tramite la posta rende irrealizzabile la procedura per chi non possa già accedere a misure in esterno (permessi premio, semilibertà o lavoro in esterno), in carenza di accordi fra le autorità penitenziarie e Poste italiane. L’unica strada che abbiamo tentato di percorrere, in questi casi, con alterni risultati, è stata quella di chiedere un permesso di necessità per il detenuto (art. 30 ord.pen.), motivato dalla comprensibile e urgente necessità di regolarizzare la sua presenza sul territorio. Come è facilmente comprensibile, si tratta, del resto, di un essenziale diritto non solo della persona, ma anche del condannato che, solo in questo modo soltanto, potrà positivamente aderire al percorso trattamentale in una prospettiva di permanenza in Italia e di accesso, in regime di uguaglianza con gli altri detenuti italiani, a tutte le forme di sperimentazione di percorsi all’esterno.

Anche il deposito della domanda di protezione internazionale non è realizzabile oggi a Bollate per l’impossibilità di procedere direttamente dall’istituto di pena al riconoscimento e alla formalizzazione del modello C3 da parte del personale delle Questure. Anche in questo caso, lo ‘speciale’ sportello dedicato alle persone non italiane del carcere di Bollate ha ‘sopperito’ a questa carenza con l’invio alla Questura tramite la matricola di una manifestazione di volontà della persona detenuta a richiedere la protezione internazionale: ciò consente che, al momento della cessazione dell’esecuzione della sua pena, la persona detenuta possa uscire dal carcere con un documento che ne attesti con certezza la natura di ‘richiedente protezione’ e, dunque, non immediatamente espellibile.

L’esperienza dello sportello giuridico dedicato alle persone non italiane è stata molto formativa per gli studenti e i volontari presenti, affiancati dai due avvocati già indicati e dalla prof. Melissa Miedico e crediamo soprattutto abbia avuto un positivo impatto sulle persone detenute.

Grazie allo sportello si è avviata, anche, una proficua collaborazione con educatori e agenti di rete, che si articola oggi in frequenti incontri di condivisione di strategie e discussione delle tempistiche del loro avvio nella più efficace ottica trattamentale.

Proprio a seguito di questa proficua collaborazione è emersa infine la richiesta, da parte degli stessi educatori e degli agenti di rete della casa di reclusione di Bollate, di costruire un breve percorso formativo dedicato a loro stessi.

La presenza cospicua di educatori (oggi funzionari giuridico-pedagogici) alle attività di formazione non era affatto scontata e dimostra la varietà di interventi che le Università possono avviare negli istituti di pena, grazie al consolidamento della relazione di fiducia, che proprio a Bollate si basa su una lunga presenza dello sportello giuridico, che ha ormai radici profonde e solide in quell’istituto.

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