Con una relazione dal titolo «Lo statuto costituzionale del non cittadino» al convegno annuale dell’AIC a Cagliari nel 2009 , Valerio Onida metteva a fuoco una delle grandi contraddizioni dell’ordinamento contemporaneo: la cittadinanza, nata come strumento di uguaglianza, è divenuta in molti casi il primo fattore di disuguaglianza tra persone che convivono stabilmente all’interno della stessa comunità. Il diritto alla cittadinanza, osservava, è oggi troppo spesso trasformato in una barriera d’accesso alla pienezza dei diritti, anziché in un ponte di inclusione. Per questo, già allora, auspicava una profonda revisione dei percorsi di acquisizione della cittadinanza, giudicati eccessivamente gravosi, anche per via di iter burocratici lunghi e incerti. A suo avviso, occorreva superare l’impostazione meramente “concessoria” del riconoscimento della cittadinanza e assumere, invece, una logica di “riconoscimento” dell’appartenenza effettiva alla comunità.